MONTEFINO

IL COMUNE

Prima del 1863, questo comune era noto sin dal medioevo con il nome di Montesecco, da Mons Siccus (in latino “Monte Secco”, per la carenza di acqua). Si trova a 272 metri sul livello del mare, sopra un’altura lungo la vallata del fiume Fino. La sua peculiarità più evidente, sono i resti abbastanza significativi delle fortificazioni del borgo, in particolare un torrione rotondo ed una torre quadrangolare. Il territorio è di circa 18 Kmq. Gli abitanti, i montefinesi, si attestano attorno al migliaio. Il Patrono è la Madonna del Carmine, che si festeggia il 16 luglio. 

LA STORIA

Il primo documento storico, con la menzione dell’abitato di Monte Secco, è del 1019, quando a Gardeniano, nel territorio di Penne, Trasberto, figlio del defunto Ildeberto, promette a Girardo, figlio del defunto Adodato, di non vendere le nove staia di terra, vicino al Castello di Monte Secco (Nel documento si parla ancvora di Mons Siccus). All’epoca gli abitanti erano circa una sessantina.

La prima testimonianza medievale del castellum risale invece al 1150, in un documento in cui si evince che la custodia dello stesso è nelle mani di Trasmondo di Colle Madii per conto del Conte Roberto di Aprutio. Il 27 settembre 1399, Ladislao d’Angiò Durazzo esenta Montesecco per 10 anni, per le condizioni di miseria in cui versa, dal pagamento delle 10 once dovute per la sovvenzione generale.

Avvengono tra il 1468 e il 1478, una serie di migrazioni delle popolazioni albanesi, in fuga dagli Ottomani, che si riversano nella foce di Pescara, aiutando l’incremento della popolazione di Villa Bozza, quella che sarà l’unica frazione di Montefino. L’aumento demografico è corroborato per il fatto che il 30 giugno 1600 l’Università di Atri stabilì con gli Schiavoni (i discendenti delle popolazioni migrate) e gli uomini di Villa Bozza, un nuovo patto e una nuova convenzione in sostituzione di quelli del 1475, risultanti in alcune parti lesi e non leggibili per l’antichità, in cui si confermavano i diritti feudali di Atri su Villa Bozza.

Dal 1735 è documentata la presenza della Confraternita del SS. Nome di Gesù della Chiesa di S. Giacomo. Nel 1760, con l’estinzione per mancanza di eredi della storica casa di Montefino, gli Acquaviva, lo Stato di Atri, di cui fa parte Montesecco, è devoluto alla Corte Regia del regno di Napoli. Governatore del Distretto di Montesecco e di Castiglione Messer Raimondo, è nominato Gaspare Antonio Perazza di Città S. Angelo. 

CASTELLO DI CORTE

Montefino conserva un meraviglioso impianto di fortificazioni medioevali. Nella parte più alta ci sono i resti dell’antico Castello risalente al periodo normanno, di cui si può osservare oggigiorno solo una torre, a pianta quadrata, con basamento a scarpa e con mura in pietre di arenaria semilavorate e disposte con poca malta pozzolanica, spesse fino a 6 metri. Come già menzionato, rientrava nella contea di Penne nel X secolo, e passò poi sotto la custodia degli Angioini nel XIII secolo. Nel 1454 è di proprietà degli Acquaviva di Atri, che lo terranno fino al 1760. Su questa torre, di proprietà privata, è stato installato da molti anni un pluviometro per il controllo delle precipitazioni, gestito dalla Regione. 

CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE

In una piazzetta all’ingresso del paese, un po’ scostata dalle case, è la Chiesa della Madonna del Carmine. Edificata intorno al 1300, è stata restaurata più volte, anche in tempi moderni. Ha copertura a capanna e sulla facciata, inquadrata da lesene laterali, si aprono un semplice portale ad architrave piano sormontato da timpano e, in alto, un finestrone rotondo. Alla sua parete di sinistra si appoggia una torre campanaria a base quadrata la cui parte più bassa venne costruita nel 1827 per essere completata poi nel 1860. La torre termina con una cuspide piramidale in ardesia a base ottagonale, contornata da quattro pilastrini angolari. L’interno è a tre navate con volte a botte e con sei cappelle laterali quadrate con cupole ribassate. 

 

All’interno, ci sono due acquasantiere: una di forma ottagonale, sul cui bordo è inciso lo stemma dei Cavalieri del Santo Sepolcro; un’altra di forma rotonda, con scolpiti all’interno animali marini (un pesce, un granchio, una anguilla), realizzata nel XVI secolo. Vi sono conservate anche una Croce Processionale astile in argento e rame dorato, dell’inizio del XV secolo (probabilmente della Scuola di Guardiagrele), una tela con raffigurata la Madonna del Carmine, datata 1651, con lo stemma ovale con i 5 monti ed una statua reliquario a tre quarti di S. Giacomo, con le vesti decorate a estofados, che tiene nella mano sinistra la Bibbia e la riproduzione del paese. Vi erano anche sei busti reliquari barocchi (XVII secolo), in legno dorato e dipinto di fattura napoletana che sono stati trafugati. La chiesa è stata rifatta nel XVIII secolo, in stile barocco, con stucchi e dorature. Il portale, del XV secolo, proviene dalla Chiesa di S. Pietro, ora scomparsa.

CHIESA DI SAN GIACOMO APOSTOLO

Anche se questa chiesa risale all’epoca romanica, la chiesa di S. Giacomo oggi è un esemplare di architettura barocca, come suggeriscono la facciata semplice dal coronamento curvilineo e il portale con architrave in stile greco classico e finestrato seicentesco. All’esterno essa è  incastonata tra le case più antiche del borgo; all’interno è a navata unica con otto altari di colonne marmoree, mentre i capitelli corinzi delle colonne sono dorati. Presso l’altare vi è un dipinto di San Giacomo incastonato fra due colonne di marmo con architrave. La chiesa tra gli arredi sacri risalenti alla fine del Medioevo, una tela raffigurante la Madonna del Carmine datata 1652,attribuita al pittore di Atri Giovanni De Gasperi e restaurata di recente grazie ai fondi FAI, Fondo Ambiente Italiano, per poi essere ricollocata nella chiesa il 15 ottobre 2010.

La semplice facciata è delineata da due lesene laterali ed è a coronamento curvilineo tipicamente barocco. Vi è stato rimesso in opera un bel portale del XV secolo in pietra scolpita sormontato da timpano e decorato da un semplice motivo a dentelli, proveniente probabilmente dalla non più esistente Chiesa di S.Pietro presso l’Abbazia dei Celestini. L’interno è costituito da una navate centrale e due navatelle laterali e vi si conservano vari arredi sacri risalenti anche al Cinquecento e al Quattrocento, nonchè una tela raffigurante la Madonna del Carmine datata 1652 attribuita al pittore di Atri Giovanni De Gasperi, restaurata di recente grazie ai fondi FAI, Fondo Ambiente Italiano, e ricollocata nella chiesa il 15 ottobre 2010.

GASTRONOMIA

Arrosticini

La cucina di Montefino riflette la tradizione culinaria abruzzese, caratterizzata da ingredienti semplici e sapori autentici.

Arrosticini: Uno dei piatti più noti dell’Abruzzo, gli arrosticini sono spiedini di carne di pecora, cotti alla brace. Sono un simbolo della tradizione pastorale abruzzese e sono ampiamente apprezzati nelle sagre e nelle cene tra amici.

Le virtù: piatto simbolo del 1 maggio e della primavera, che infatti raccoglie tutte le primizie della stagione. In questa minestra ci finiscono i sapori del momento e per realizzarla a dovere, è stato istituito un disciplinare. 

Le virtù
Spaghetti alla Teramana

Spaghetti alla Teramana: Anche chiamati “chitarra alla Teramana”, o maccheroni alla chitarra,paste tradizionali come maccheroni alla chitarra, a seconda della pasta con la quale si decide di fare questo primo piatto. Si tratta di un piatto che richiama gli spaghetti with meatballs americani, resi iconici dal film “Lilly e il Vagabondo”. Pallotte cace e ove:  È un piatto saporito e ricco, che un tempo era considerato un alimento povero. fatte con pane, uova e pecorino e servite con un sugo leggero. 

Pallotte cace e ove

Piccola Curiosità

Il Festival della Serenata, che dal 2013 nel mese di Giugno rievoca la tradizionale serenata abruzzese fatta dall’innamorato alla fidanzata.

Fonti:

-Francesco Mosca da http://www.paesiteramani.it/Paesi/MontefinoCarmine.htm

http://www.instoria.it/home/montefino.htm

https://www.cibotoday.it/storie/territorio/piatti-tipici-cucina-teramana-abruzzo.html

CHE STORIE-MONTEFINO